Primi anni ‘90, sono solo un bambino che sogna di volare tra le stelle e forse, chi lo sa, un giorno magari di riuscirci per davvero, il sogno di tanti, dopotutto. La mia fantasia è nutrita da film incredibili, cartoni animati meravigliosi e storie di fantascienza senza tempo, tra le migliori dal mio punto di vista e di quelle che non si vedono o leggono più. Film come “Il mio nemico” di Wolfgang Petersen, “La cosa” di John Carpenter, saghe come “Star wars” e “Star trek” ma anche film per ragazzi come “Navigator” ed “Explorers” mi forgiano fin da piccolo e continueranno a farlo per anni e anni a venire insieme ad altri classici del genere, non solo al cinema, come non citare per esempio l’opera “biblica” di Isaac Asimov, “Il ciclo delle Fondazioni”. Osservando il tempo passato alle mie spalle non posso che essere grato a mio padre e a mio nonno per avermi registrato dalla tv film come quelli che ho appena nominato invece di mostrarmi i soliti classici Disney (che tutt’oggi non sopporto), VHS divenute per me veri e propri oggetti di culto, consumate e ri-consumate, se si può dire.
Il tempo vola. Inizio 2018. Dopo anni e anni da appassionato videogiocatore di giochi di ruolo e sparatutto (con scarsi risultati, anche se il logo di Quake 3 Arena tatuato sul mio polpaccio destro mi ricorda che ci ho almeno provato) mi imbatto per puro caso nella notizia di un curiosissimo titolo di simulazione spaziale rilasciato appena qualche mese prima su piattaforma Sony, Elite dangerous. Mai sentito nominare. Inizio a girargli intorno, e lo farò almeno per qualche settimana prima di decidermi a comprarlo, non che si trattasse di una spesa stratosferica, solo non riuscivo bene a capire che tipo di titolo fosse, un po’ simulatore, un po’ strategico, un po’ gestionale, un po’ MMO, a volte rimanevo vittima dell’entusiasmo leggendo pareri entusiasti e altre volte mi dicevo di lasciar perdere, tanto di sicuro sarebbe stata robaccia e mi sarei ritrovato solo con il portafoglio più leggero. Ancora ignoravo completamente non solo la storia monumentale e l’eredità di questa saga (le cui origini risalgono addirittura al 1984 e di cui Elite dangerous è addirittura la quarta iterazione, realizzata nel 2014 in seguito a una campagna crowdfunding Kickstarter) ma anche in cosa mi sarei andato a infilare, positivamente parlando.
Mi decido e finalmente lo compro, in qualche modo sono anche lievemente intimorito per il fatto che uno dei consigli più elargiti da giocatori veterani è di tener botta per la prima manciata di ore perché il bello sarebbe arrivato dopo, superato lo scoglio tutto avrebbe avuto un sapore differente. Non ero nuovo a titoli contraddistinti da una difficoltà di gioco medio-alta avendo ottenuto il platino giocando a Bloodborne o completando Dark souls 3, per citare i primi che mi vengono in mente, ma qui la sensazione era di essere in procinto di affrontare un altro tipo di sfida. Nulla di più vero, il primo approccio a Elite dangerous si rivelò per me quasi drammatico, affascinante, ma drammatico, poi fu amore. Dopo aver passato un’ora e mezza sudando e cercando di posizionare correttamente la nave su una piazzola di atterraggio capisco che a distanza di quasi 30 anni tra le stelle avrei volato per davvero.
Sì perché Elite dangerous ha la particolarità di essere uno di quei videogiochi che non ti tengono per mano e dove non si smette mai di imparare, contraddistinti da una curva di apprendimento estremamente ripida ma anche mostruosamente soddisfacente da dominare, dove inizialmente tutto sembra impossibile e incomprensibile ma poi si apre un mondo, o una galassia in questo caso.
Tralasciando infatti alcuni brevi tutorial “iniziatici” che consiglio caldamente di non trascurare, ognuno dedicato ad alcune delle principali meccaniche di gameplay che il titolo offre (come volo e atterraggio, guida di superficie con l’adorabile “Surface Recon Vehicle”, combattimento e mining di asteroidi) il giocatore viene letteralmente abbandonato a se stesso nell’immensità del vuoto cosmico, senza nulla di apparente da fare e senza alcun Virgilio pronto a guidarlo. Ci ritroviamo quindi all’interno dell’hangar di attracco di una qualsiasi sconosciuta stazione spaziale con 1000 crediti in tasca giusti giusti per comprare un po’ di carburante, a bordo della nostra piccola ma inizialmente molto fidata nave, modello “Sidewinder”, e seduti di fronte al cockpit di comando del nostro mezzo, la nostra unica casa fino all’avvento delle passeggiate planetarie introdotte con il DLC “Odyssey”, rilasciato nel 2021 per PC.
Sopravvissuto alla prima quindicina di ore tra tentativi falliti di atterraggio e disperazione per serbatoi di carburante rimasti a secco, Elite dangerous si rivelerà essere il videogioco che ogni appassionato di fantascienza ma soprattutto spazio ha sempre sognato, un vero MMO con elementi sandbox i cui limiti sono imposti solamente dai confini della Via Lattea, riprodotta fedelmente in scala nella sua parte conosciuta, proceduralmente per il resto, ed esplorabile liberamente, con ogni stella al suo posto e raggiungibile, pronta a offrirvi paesaggi meravigliosi e desolati, a patto che si viaggi su una nave opportunamente allestita e modificata per superare indenne pericolosi ed enormi vuoti distanti migliaia di anni luce.
Fin dai primi attimi caratterizzati da subissanti schermate ricche di dati, menu e controlli di volo, il gioco ci regalerà totale libertà di crescita permettendoci di diventare il cittadino spaziale che abbiamo sempre sognato di essere, guadagnando crediti e notorietà mediante la nostra attività preferita e potendo quindi accrescere le nostre possibilità all’interno di un mondo ben più stratificato di quanto si possa immaginare e regolato da sistemi politici e lore, tanta lore.
Siamo oltre 1000 anni nel futuro. L’umanità ha espanso il suo dominio oltre il sistema solare grazie alla scoperta di una tecnologia di propulsione così avanzata da permettere il viaggio interstellare a basso costo, arrivando quindi a colonizzare nuovi pianeti e a costruire stazioni spaziali orbitali fino a centinaia di anni luce dalla Terra, un pianeta la cui storia dimenticata è ormai avvolta da un’aura di oscurità. Va formandosi così la cosiddetta “Bolla”, un insieme di sistemi planetari abitati dall’uomo dominati da tre distinte superpotenze politiche in costante relazione e conflitto, L’Alleanza, La Federazione e L’Impero, oltre di essa l’universo sconosciuto in cui non vige alcuna legge e dalle cui profondità emergono segnali e relitti di altre potenti e antiche civiltà aliene, i Guardians, che si pensa siano estinti, e i Thargoids, con cui l’umanità è già in guerra e la cui origine e i cui intenti sono sconosciuti, costante oggetto di studio dalle comunità scientifiche. Ma il vuoto nasconde molto di più e i viaggiatori che fanno ritorno dalle sue profondità riportano storie, che poi diventano miti e poi leggende, come quella dell’organizzazione chiamata “The dark wheel” e della ricerca di “Raxxla”, un luogo perduto dove si pensa risieda un antico artefatto alieno in grado di aprire le porte verso altri universi.
Ci ritroveremo quindi a scegliere quale strada intraprendere in totale autonomia, potremo occuparci di trasporto di merci o persone, essere di supporto ad altri giocatori rimasti in panne, potremo esplorare la galassia alla ricerca di strutture aliene o di inospitali pianeti su cui mai nessuno ha messo piede, potremo salpare a bordo della nostra nave attrezzata per minare asteroidi tornando a casa con un bel carico da vendere e potremo naturalmente anche decidere di darci alla battaglia combattendo contro la razza aliena dei “Thargoid”, eliminando pirati e criminali senza scrupoli intenti ad attaccare vascelli civili o partecipando a veri e propri scontri innescati dalle superpotenze e da altre fazioni di importanza minore. Magari potremo anche decidere di diventare noi stessi i pirati, i criminali, finendo per ingaggiare scontri con NPC o con altri giocatori intenti a portare avanti il proprio ruolo nella galassia di Elite dangerous. Giorno dopo giorno, partita dopo partita, acquisiremo sempre più consapevolezza delle meccaniche di gioco e senza nemmeno accorgercene le navi della nostra flotta diventeranno un’estensione del nostro corpo, voleremo sempre più decisi e impavidi verso nuovi mondi o scontri. Saremo in grado di prevedere il comportamento delle astronavi in relazione alla gravità dei pianeti, avremo le conoscenze per equipaggiare i moduli più adatti a determinati scopi, riusciremo ad effettuare manovre complesse senza l’ausilio di assistenti di volo automatici, e magari ci ritroveremo da soli a sfidare i migliori piloti della galassia in aspre battaglie a colpi di missili o armi laser a impulso.
Ogni singola azione o missione portata a termine influenzerà il mondo di gioco, queste infatti vi saranno assegnate da rappresentanti di fazioni all’interno di stazioni orbitali o planetarie e collaborare con una piuttosto che con un altra aumenterà la fiducia riposta in noi da parte degli schieramenti politici sbloccando la possibilità di ottenere incarichi sempre più interessanti e redditizi, permettendoci quindi di investire più denaro in navi migliori e in modifiche strutturali di potenziamento, chiamate ingegnerizzazioni, sempre più importanti per sopravvivere, per viaggiare più lontano e per portare a termine incarichi più complessi.
Allo stesso tempo i nostri successi o insuccessi provocheranno un mutamento nell’assetto politico della stazione o del sistema in cui ci troviamo, modificando di fatto l’influenza dei governi dando origine a guerre, rivolte o addirittura crisi biologiche, cambiamenti spesso apparentemente microscopici ma che sono parte di un disegno più grande e che acquistano molto più senso giocando di ruolo con altri compagni di volo; la community di Elite dangerous è infatti una delle più solide, amichevoli e floride in cui mi sia mai imbattuto, composta per la maggior parte, se non esclusivamente, da veri appassionati pronti a collaborare, aiutare utenti inesperti ma soprattutto a giocare il proprio ruolo con onore fino alla fine, dando vita a enormi fazioni poi effettivamente inserite in game dagli sviluppatori e composte talvolta da centinaia di giocatori cooperanti mossi dai medesimi obiettivi, andando dunque a stratificare maggiormente il mondo di gioco, comunque continuamente rinvigorito anche da eventi di lore pilotati da Frontier.
Anche io dopo aver girovagato nello spazio per più di un anno completamente da solo mi sono ritrovato arruolato all’interno di alcune di queste, come non citare gli amici di “Orion Inc.” e “Sons of Apophis”, per svariati mesi sono addirittura stato l’unico esponente di “Galileo Corporation” su Playstation, allora i miei compagni erano quasi tutti giocatori Xbox ma non importava nulla perché l’universo di Elite era uno solo, le azioni di tutti influenzavano l’universo politico e sociale di tutti (una meccanica di gameplay chiamata “Background simulation”), a prescindere dalla piattaforma, almeno fino alla decisione di Frontier di congelare il gioco su console e di proseguire il supporto solamente su PC.
Con il passare degli anni infatti è diventato evidente che continuare a supportare Elite dangerous per tutte le piattaforme su cui era presente sarebbe stato problematico a causa di una playerbase troppo ridotta su console, e nonostante in prima battuta il tanto atteso aggiornamento “Odyssey” fosse stato annunciato come in arrivo anche su console, alla fine le cose sono andate diversamente e oggi per godere pienamente delle novità grafiche e di gameplay del titolo è necessario essere dotati di un PC da gaming, e anche discretamente performante perché l’introduzione di quest’ultimo DLC si è portata dietro diversi problemi e un’ottimizzazione non proprio allo stato dell’arte.
Più penso al mondo di Elite, alle tantissime ore passate in esplorazione saltando da una stella all’altra, alla quantità di battaglie e serate passate nei menu di personalizzazione della nave, alle decine di amici conosciuti lungo la strada o al burn-in sul mio vecchio televisore al plasma causato delle luci del cockpit della nave, più mi convinco del fatto che non è possibile descrivere un titolo come questo con precisione, un articolo non basterà mai per farlo, un libro plausibilmente, un documentario, ma qualche riga non può che scalfire la superficie di un prodotto di questo genere contraddistinto da oltre 30 anni di storia, molteplici romanzi e longeve e vivide community. Per questo ho deciso di scrivere una lettera d’amore.
Oggi probabilmente sceglierei Elite dangerous come tema per una tesi di laurea. Non si tratta dell’unico videogioco esistente a essere caratterizzato da una tale complessità di sfumature ludiche e sociali ovviamente, sia chiaro, sicuramente non è nemmeno tra i più rilevanti e degni di nota, basti pensare a come titoli clamorosi e storici quali World of Warcraft o The Sims (ma anche ad altri più recenti come Final Fantasy XIV, Minecraft e Fortnite) hanno creato vere e proprie lacerazioni a livello di influenza culturale, esiste un prima e un dopo questi titoli, ma nel mio piccolo Elite entra a gamba tesa fra questi ritagliandosi un proprio dignitoso spazio, e so che molti appassionati come me provano le stesse sensazioni per il lavoro di Frontier. Nonostante gli alti e i bassi il richiamo dello spazio ciclicamente fa capolino dall’anticamera del cervello.
Ciò che mi appare chiaro è che quando il videogioco si fonde con l’esperienza personale a questi livelli il medium viene trasceso e la mente viaggia oltre i “semplici” impulsi luminosi dello schermo, raggiungendo mondi sconosciuti, universi paralleli, dimensioni alternative, riuscendo alla fine addirittura a riportarci a casa e ritrovare noi stessi, in qualche modo. Storie ed esperienze come queste nutrono i nostri sogni e ci attraversano fino a trasformarci nel profondo, la voglia di lasciarmi andare a esse è qualcosa che mi auguro non svanisca mai.
Elite dangerous non è un titolo privo di difetti, anzi, ne è ben lontano, ma è una di quelle esperienze che da giocatore, ma perché no, anche da essere umano, capitano poche volte nella vita ed è impossibile lasciarsi sfuggire.
A cura di Stefano Venosta
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