Cyberpunk prima di Cyberpunk
Versione testata – PC
Con solo quasi un mese di ritardo e poco meno di 120 ore di gioco, posso finalmente cominciare la recensione di Cyberpunk 2077. Ammetto che il compito un po’ di soggezione la incute, dopo aver visto quanto l’argomento abbia acceso le anime di detrattori e difensori del gioco, sul web e non. Oltretutto la critica ha già ampiamente espresso il proprio parere sul lavoro di CD Projekt Red, rendendo più complessa l’espressione di un giudizio che non ricalchi valutazioni già ampiamente condivise. Fortunatamente, pare che invece di unanime non ci sia poi molto riguardo Cyberpunk. Certo, alcuni pregi e difetti del titolo sono cristallini ed egualmente accolti sia dalla community che dal giornalismo specializzato, ma numerosi altri aspetti hanno alimentato la fucina di polemiche e discordia, che negli ultimi due mesi è infine sfociata per molti in un campanilismo non riguardante tanto un giudizio ponderato susseguente a una ricerca d’informazioni, o ancora meglio a un aver dedicato all’avventura il tempo necessario per sviluppare una criticità concreta. Piuttosto il dibattito si è velocemente spostato sull’ormai classica guerra di trincea della rete, dove le posizioni vengono difese appellandosi a un diritto d’opinione fondamentale sì nell’espressione, meno nella validità della stessa.
É importante sottolineare come due elementi chiave nello sviluppo della vicenda non siano stati dimenticati in questa valutazione: il primo è il ruolo dello sviluppatore pre-lancio, il secondo l’innegabile presenza di bug che minano l’esperienza complessiva.
La campagna di CD Projekt nel corso degli anni e la concentrazione di materiale mostrato e raccontato nei mesi precedenti l’uscita, non possono semplicemente venire bypassati. Il senso di attesa era quello delle grandi occasioni, e non poteva essere altrimenti viste le premesse. Un open world realistico e dettagliato, una storia adulta, complessa e sfaccettata, un sistema di progressione approfondito e possibilità tattiche e di approccio variegate. Per non dimenticare i veicoli, la creazione del personaggio innovativa, l’IA di nemici e popolazione particolarmente avanzata. Lo studio polacco ha dato vita ad aspettative difficilmente soddisfabili in toto, non tanto per la profondità che i singoli aspetti del gioco avrebbero offerto, quanto piuttosto per l’ampiezza dell’esperienza. Per citare Warren Spector, game director di Deus Ex: “Preferirei creare qualcosa largo un centimetro e profondo un chilometro, piuttosto che largo un chilometro e profondo un centimetro”. Ma è possibile sviluppare un mondo di gioco ampio e approfondito allo stesso modo?
Credo che fondamentalmente Cyberpunk ci sia riuscito, o quantomeno che abbia giocato bene le sue carte. Il problema, però, stava nell’incontro con le attese dei giocatori, ormai fuoriuscite da uno spettro di aspettative realistico. Ma in chi identificare la fonte del problema? Nello sviluppatore per aver posizionato l’asticella talmente in alto da non riuscire a raggiungerla lui stesso o nella community, ormai così ubriaca di speranze da aver completamente perso la visione concreta di quello che sarebbe potuto essere il prodotto finale? La risposta, come spesso accade, rimane nel mezzo, ma ritengo che una più oculata e trasparente gestione delle informazioni da parte di CD Projekt non avrebbe guastato, ricordando soprattutto la decisione dello studio di non mostrare alcun footage su console base, elemento che fa riflettere sulla consapevolezza dello stato del gioco in fasi così prossime al rilascio.
É doveroso inoltre menzionare, come accennavo sopra, alla spropositata mole di bug che i giocatori sono stati costretti a vivere al lancio del titolo, anche sulle versioni PC. É mia intenzione dedicare questo segmento alla questione, doverosa da discutere, ma che mi preme cercare di tenere separata dalla successiva analisi del titolo.
Per un prodotto come Cyberpunk, così studiato per immergere il giocatore in un universo ricco di dettagli e personaggi complessi, con caratteri colmi di quelle sfumature di personalità che li rendono reali, i bug sembrano pesare molto più del solito. Dopo poche ore spese a Night City è inevitabile accorgersi di come si stia vivendo un’esperienza fondamentalmente dicotomica. Da un lato, quando si viene graziati da un’assenza di errori per un lasso di tempo sufficiente, si tende a dimenticarsene e a venire completamente rapiti dal lavoro certosino che si dipana di fronte ai nostri occhi. Dall’altro, è inevitabile il venire bruscamente riportati alla realtà da problematiche tecniche che sembrano mettercela tutta per tirarci fuori dalla tana del bianconiglio. L’elenco è lungo: dai problemi minori come alcuni personaggi ed NPC in T pose, alle musiche che proseguono all’infinito fuori contesto, a ostacoli più importanti che impediscono il proseguimento nella trama, resettare la partita ricaricando un salvataggio precedente si è rivelato necessario decine di volte nel corso delle più di 100 ore di durata della mia avventura.
Il lavoro di CD Projekt nelle settimane immediatamente successive al lancio è certamente encomiabile, con alcune patch rilasciate in tempi record che hanno contribuito a mitigare in parte i problemi che affliggono il gioco, ed ora, nei primi mesi del 2021, sono attesi aggiornamenti ben più corposi, nella lunga strada che si spera riuscirà a portare il titolo al suo stato di grazia. Non è mia intenzione inoltrarmi nella discussione sul perchè Cyberpunk non sia stato ulteriormente rimandato, ma è innegabile che un’uscita posticipata magari alla primavera del 2021 avrebbe decisamente giovato.
Esauriti i convenevoli, la valutazione che esprimerò da qui in avanti mirerà a esaminare Cyberpunk lasciando fuori il discorso sui bug, con la speranza di riuscire ad esprimere un giudizio sul gioco per come lo avremmo vissuto, se utopicamente fosse arrivato a noi privo, o quantomeno non così affetto, dalle problematiche sopra discusse.
Analisi del 2077
La prima tematica da affrontare è inoltre il primo elemento di gioco con cui si viene a contatto una volta scelta la difficoltà del titolo, ovvero la creazione del personaggio. Dare forma al volto e al corpo di V rappresenta, in parte, un piccolo passo in avanti nelle profondità di personalizzazione ad oggi disponibili nella maggior parte dei titoli sul mercato. Contemporaneamente le limitazioni imposte sono certo abbiano lasciato un retrogusto amaro nella bocca di tutti coloro che avrebbero voluto un protagonista non necessariamente alto e muscoloso, così come l’assenza di possibilità di modifica delle opzioni predefinite blocca in parte la pletora di possibilità che ne sarebbero conseguite. Forse sarebbe stato chiedere troppo e ci tengo a sottolineare come sia assolutamente fattibile creare un “eroe” che incontri i nostri gusti, così come il modificare denti, unghie e genitali potrebbe dare vita a un precedente positivo per i giochi del futuro.
E se di aspetto si sta parlando, non posso non accennare alla questione dello stile: tanto ostentato nei Night City Wire quanto difficilmente applicabile nel gioco. Vivere Night City non può che ispirare un sentimento di ostentazione, di voglia di mostrarsi alla moda, di scegliere una direzione per il proprio outfit e identificarcisi. Purtroppo però, la componente numerica RPG del titolo finisce per limitare pesantemente le possibilità di immedesimazione scenica. I vestiti diventano fondamentali nella creazione di una build completa, essendo dotati di statistiche influenzanti la difesa e di un numero variabile di slot in cui inserire mod specifiche. Questo spingerà la maggior parte dei giocatori a dimenticarsi di come “l’occhio voglia anche la sua parte”, prediligendo invece il vestiario più utile. É comunque possibile utilizzare alcuni corredi speciali che permettono di coprire i singoli capi, ma l’esiguità numerica di questi ultimi ne rende un reale sfruttamento poco praticabile. Nel caso invece si decidesse di proseguire stoicamente nel perseguimento dello stile piuttosto che dell’efficienza, ci si imbatterebbe comunque nella scialberia della quasi totalità dei capi presenti, che solo raramente risultano interessanti e belli da vedere. Possibile che attraverso i nuovi aggiornamenti e i futuri DLC le possibilità aumentino, ma attualmente lo stile in Cyberpunk cammina sulla strada del compromesso.
La colonna portante del concetto di immersione in Cyberpunk rimane senza ombra di dubbio Night City, protagonista del titolo tanto quanto, se non addirittura oltre, V. Il quantitativo di lodi spese a favore della creazione di CD Projekt si spreca: la città è quanto di più realistico sia oggi stato veicolato dal medium videoludico, trasmettendo al giocatore un senso di spaesatezza e impulso a curiosare per conoscere ogni angolo di un “livello” che non si fatica a credere farà storia. Percorrendo le strade dei vari quartieri sorge spontaneo il desiderio di scoprire quanto in là potrà spingersi in futuro questo imperante realismo virtuale. La città della notte si estende immensa di fronte allo sguardo quando se ne osservano le forme dalla tranquillità di un promontorio nelle Badlands, il deserto che la circonda. I giganteschi annunci al neon e le pubblicità, proiettate per centinaia di metri in cielo, ne mostrano il volto più che mai consumista e capitalista, quasi come un citazionismo al 1984 di Orwell che affronta ora però una dualità, il cittadino costantemente osservato e in parallelo osservatore incessante di ciò che gli viene propinato, giorno e notte, giorno dopo giorno. Pare inevitabile cadere vittime dell’assuefazione, di questa “promessa” che la città offre sin dal trailer ufficiale mostrato all’E3 del 2018, e si sceglierà ben volentieri di scavare più a fondo, facendosi coinvolgere nel dedalo di corruzione che permea i grattacieli e insudicia i vicoli meno consigliati ai turisti di passaggio.
Night City, pur non essendo in grado di competere con mondi di gioco ben più ampi, non ne ha bisogno, perchè sfrutta appieno le proprie potenzialità. Non è solamente estesa e luminosa, ma viva e pulsante di attività, dalla popolazione per le strade, al traffico lungo le arterie principali, viene trasmessa una sensazione realistica di un piccolo universo che proseguirebbe tranquillamente nei suoi impegni anche non fossimo lì ad osservarlo. Lo sforzo dedicato alla caratterizzazione dei numerosi quartieri ne rende la navigazione oltremai piacevole e la forte distinzione nello stile di questi ultimi renderà possibile il loro riconoscimento anche senza utilizzare la mappa dedicata.
In forte opposizione, lasciati i confini cittadini l’ampio respiro delle Badlands offre una vista che permette allo sguardo di spaziare, improvvisamente non più interrotto dalla cacofonia strutturale di palazzi che sembrano lottare tra loro per la conquista dello spazio urbano. Quest’area esterna offre un momento di pausa, seppur non dai pericoli, almeno dai rumori e dalle luci accecanti del centro abitato. Ciò viene sottolineato più volte all’interno della storia: si è a Night City o non lo si è, non esistono sfumature di sorta.
Guidare nel deserto al tramonto con la giusta stazione radio in sottofondo è di per sé un’esperienza appagante, ed offre scorci che spingono ad utilizzare la modalità fotografica messa a disposizione dagli sviluppatori.
Proprio l’esplorazione del mondo di gioco viene però in parte minata dall’impreciso sistema di guida, particolarmente faticoso in caso si utilizzasse una tastiera. Sia le automobili che le moto paiono pattinanti su un asfalto coperto di sapone, elemento che sottolinea ancor più la scomodità della minimappa, che a causa di un FOV estremamente ridotto vedrà le curve comparire all’ultimo secondo. La quasi totalità degli innocenti cittadini che mi è capitato di falciare durante le mie ore di gioco è dovuta all’improvviso rendermi conto di dover svoltare, per poi immediatamente realizzare di non avere abbastanza spazio di manovra, e infine decidere di provarci comunque. Questi fattori hanno portato diversi utenti PC ad alternare un controller appositamente per le fasi di guida. Bisogna però chiarire come l’utilizzo dei veicoli sia tutto meno che impossibile: con il tempo si riusciranno infatti a padroneggiare anche le automobili più costose e performanti, ma in futuro è lecito aspettarsi aggiornamenti che rifiniscano l’esperienza di guida.
Esperienza che trova il suo massimo appagamento nel design dei veicoli, dalle automobili più semplici alle sportive da corsa, alle auto di lusso e i camion pesanti. La cura mirata alla creazione dei mezzi del futuro si manifesta in dettagli precisi fin nel minimo particolare, con interni ricolmi di finezze che soddisfano la vista e contribuiscono ancor più all’immersione nel mondo di Cyberpunk.
Una precisazione che mi sento in dovere di fare per terminare l’argomento riguarda la sensazione di velocità offerta, non particolarmente quando si è liberi di esplorare la città, quanto piuttosto nei momenti dove maggiormente ve ne sarebbe bisogno, ovvero gli inseguimenti. Queste sessioni risultano tristemente fallaci, con una quasi totale assenza di difficoltà nel riuscire a star dietro al veicolo target, trasformando un momento di auspicata adrenalina in un accompagnamento simile a quello di una scorta.
Un mondo complesso, ma non difficile
Tra i maggiori punti di forza di Cyberpunk vi è la possibilità di creare build estremamente specifiche, impattando fortemente il gameplay con uno stile di gioco improntato alla personalizzazione. I numerosi rami di abilità disponibili permettono a chiunque di perseguire il metodo di approccio a lui più congeniale, dalla forza bruta alle numerose possibilità riguardanti i differenti tipi di armi, allo stealth, l’utilizzo di armi bianche, l’hacking, la freddezza, il crafting, l’abilità tecnica. Qualsiasi combinazione di questi ultimi è a disposizione del giocatore, offrendo un ampio ventaglio di possibilità tattiche. La scelta di rendere impossibile, all’interno di una singola avventura, il potenziamento della totalità degli attributi, spingerà inoltre a una scelta oculata del percorso da compiere durante la scalata dei 50 livelli disponibili.
Alla specificità della propria build concorrono poi le modifiche cyberware, potenziamenti corporali estremamente diffusi nel 2077, i quali permettono di migliorare le proprie capacità di combattimento, di movimento, di furtività e hacking. Il vestiario contribuisce ulteriormente, essendo dotato di caratteristiche e slot dove inserire mod a loro volta influenzanti determinate statistiche.
Lo studio di sviluppo si è inoltre prodigato nella creazione di un ambiente che favorisse l’affronto delle missioni con le strategie più disparate, di conseguenza è possibile completare i numerosi incarichi con il metodo che aggrada maggiormente, che sia procedere ad armi spianate piuttosto che hackerare i nemici da una posizione sicura, che sia entrare dalla porta principale piuttosto che dal tetto nel caso si fossero sbloccate determinate abilità di movimento.
Il gunplay si rivela preciso e soddisfacente, prevalentemente grazie alla minuziosità con la quale le numerose armi disponibili risultano ognuna unica nel suo genere, trasmettendo sensazioni differenti a livello di suono e rinculo. Più debole il combattimento all’arma bianca, decisamente meno vario nelle possibilità di sperimentazione.
É doveroso segnalare come purtroppo il titolo si riveli eccessivamente semplice una volta acquisito un determinato numero di livelli o alla creazione di una build che, seppur ancora non completa, cominci a sfruttare il sistema di danni moltiplicativo del titolo. L’esperienza, sia all’interno della storia principale che nello svolgimento di missioni secondarie o di miscellanea, presenta raramente una sfida reale, anche impostando le maggiori difficoltà disponibili.
Il ramo dedicato alla creazione e al crafting si rivela particolarmente utile nell’economia di gioco, sbloccando la possibilità di creare armi ed armature leggendarie, senza doverle quindi necessariamente acquistare. Attraverso il menù dedicato sarà possibile quindi non solo rifornirsi di oggetti, granate, armi e vestiario, una volta sbloccati i necessari schemi di creazione, ma anche di smantellare l’equipaggiamento in eccesso per ricavare materiali utili. Tale procedimento è però ammorbato dalla presenza di un’interfaccia utente poco intuitiva e a volte confusionaria. La “quality of life” dei menù di Cyberpunk, ovvero l’insieme delle scelte di game design che permettono al giocatore di vivere un’esperienza ottimizzata, avrebbe anch’essa necessitato di tempo ulteriore per risultare maggiormente curata.
Storia del futuro non troppo lontano
L’avventura principale di Cyberpunk si dipana circa per 30-40 ore di gioco totali, con una storia intrigante che sfocerà infine in uno dei numerosi finali disponibili. Il filone principale riesce a mettere in mostra tutte le tematiche di cui il titolo si fregia senza timore, dalla violenza ingiustificata, al corporativismo sfrenato alle perversioni più torbide, V si troverà a contatto con il tessuto sociale più intimo della città, trovandosi di fronte alla necessità di scegliere quale percorso affrontare e con chi allearsi. I personaggi con i quali si entrerà in contatto appartengono alle più disparate categorie, da grandi dirigenti d’azienda a prostitute, alternando una sparatoria in una fabbrica abbandonata a una trattativa con coloro che tirano le fila della città. Seppur con qualche calo, dall’inizio fino alla sua conclusione la trama rimane solida e riesce a creare una sincera curiosità verso le possibili evoluzioni della vicenda.
Gli incontri che accompagneranno V nel suo percorso mettono in luce personalità quanto mai realistiche, mai sfrontatamente bianche o nere, quanto piuttosto ambivalenti nel compiere le proprie scelte a volte dettate dalla razionalità, a volte da egoismo o paura. Questa preziosità di caratteri viene in parte sporcata dal sistema di interazioni, dove l’instradamento di V all’interno di binari di trama predefiniti passa attraverso alcune forzature nel rapporto con gli NPC. In alcuni specifiche situazioni il roleplay scade nell’impossibilità di portare la storia verso una direzione imprevista. Ricordo un caso in particolare dove per rimanere fedele alle scelte effettuate rifiutai apertamente di aiutare Judy in un compito importante, scatenandone la reazione conseguentemente negativa. Purtroppo però alla chiamata successiva tutto ciò venne interamente cancellato, l’amicizia totalmente ripristinata e la toga della fiducia reciproca ne uscì linda e immacolata. Ciò non accade sempre ed è infatti possibile percepire il proprio impatto nel mondo di gioco, soprattutto determinandolo in base alla scelta del background iniziale, che fornirà la possibilità di scegliere risposte specificamente legate alle origini selezionate.
Tra i personaggi che è doveroso menzionare, al primo posto rimane Johnny Silverhand, interpretato da Keanu Reeves: il rocker, o quel che ne è rimasto, accompagnerà il protagonista per quasi l’intero arco narrativo, trasformandosi nella mal sopportabile spalla offrente consigli non richiesti e soluzioni estreme. Ritengo non si tratti della personalità di maggiore spicco, nonostante l’ottima interpretazione di Reeves, ciò a causa di una forte unidirezionalità caratteriale che pur rappresentando il cuore del personaggio, lascia spazio a interazioni più stratificate unicamente in fasi avanzate della storia.
Conclusioni
Come accennavo a inizio articolo, ho trovato difficoltosa la scrittura di questa recensione, ponendomi, come sono sicuro sia semplice evincere, costantemente sulla linea che segna il confine tra la lode trascinante e una più ragionata analisi di ciò che funziona e ciò che invece a mio parere necessita di migliorie. Non ho potuto fare a meno di aggiungere dei “ma” e dei “però” nei confronti di quasi ogni aspetto del titolo da me affrontato, indice palese di come gli sviluppatori necessitassero di una quantità di tempo maggiore per lavorare su tutti quegli elementi che, almeno in parte, frenano dal lanciarsi in un entusiasmo spassionato e totalizzante.
Cyberpunk 2077 rimane un gioco divenuto immediatamente un pilastro del medium, un gigante con cui i team al lavoro sui titoli del futuro non potranno fare a meno di confrontarsi, sia per ciò che riguarda l’aspetto tecnico che l’ambizione di un progetto di tale portata. Ma ciò che ha rappresentato per me il punto focale dell’intera esperienza, e che di conseguenza mi porta a consigliarla senza remore, a patto di effettuare l’acquisto su PC o attendere gli aggiornamenti previsti per console, è il coraggio di affrontare tematiche scomode elevandole a critica sociale e non vuota rappresentazione di violenza. Come accennavo in questo articolo, ritengo che la vera eredità del titolo risieda nell’aver alzato la posta sotto l’aspetto di ciò che il videogioco ha l’ardire di mostrare, fregiandosi della propria validità come veicolo di messaggi e prendendosi con la forza un ulteriore scalino all’interno dell’ascesa videoludica verso un riconoscimento unanime.
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